Mi chiamo Giovanni Teberino ed il Presepe è una delle mie passioni, una vera tradizione, grande o piccolo che sia. Quando ero piccolo, e per tanti anni ancora, in casa mia a Natale c’è sempre stato e continua ad esserci. Mio padre cominciava a costruirlo l’ 8 dicembre, festa dell’ Immacolata e lo toglieva il 2 febbraio alla candelora. Io invece mi facevo il mio piccolo Presepe in un angolo dove mia nonna mi comperava i pastorelli e la capanna che ancora conservo. Giorno dopo giorno si aggiungevano case, statuine, muschio, pastori e pecorelle. Era un presepe piuttosto grande costruito con tavole sovrapposte ed inclinate, ad imitare una discesa dalla montagna. Partivano da lassù i Re Magi, ed ogni giorno si spostavano verso il piano dove ad attenderli c’era la capanna dove a mezzanotte avremmo messo il Bambinello, toccava a me che ero il più piccolo e prima di metterlo nella culla insieme a mia nonna andavamo da tutte le famiglie del palazzo a far baciare il Bambinello e dare gli auguri di Natale. La casa in quel periodo era piena di scatole dove ben incartate, dall’ anno prima se ne stavano tutte le statuine, ogni anno si aggiungeva qualcosa, una casetta, qualche lucina , un pastore o qualche pecorella. Era un’atmosfera magica, di attesa, dove ogni gesto aveva un significato, anche il fumo della “fornacella” che arrostiva l’anguilla, il “ciocco di natale” dove a turno portavamo delle rimanenze della cena, era un rituale che non mancava mai e per finire qualche scintilla o girella che accendevamo sul balcone. Poi puntualmente ogni anno, non poteva mancare la visione sul primo canale di “Natale in casa Cupiello” di Eduardo de Filippo. Così, piano piano insieme al cammino dei pastori e dei loro greggi si avvicinava la vigilia ed i nostri cuori di bambini battevano forte, ci sentivamo pieni di buoni sentimenti e buoni propositi. Insieme a mio fratello e mia sorella pensavamo alla letterina, colorata di quei colori pastello ripassati con i brillantini, che il giorno di Natale avremmo messo sotto il piatto di papà e dove avremmo scritto: prometto di essere buono, di andare bene a scuola, di ubbidire alla mamma e al papà…… ed anche un timido: mi piacerebbe ricevere da Gesù Bambino……. erano piccole cose che chiedevamo al nostro Gesù Bambino che con amore ci avrebbe lasciato il sacchetto con la frutta secca, l’arancia, il torrone del Papa, i mandarini, qualche dolcetto e se ci scappava anche qualche 500 lire.
La passione è continuata fino a quando nel 2000 ho esposto il mio primo Presepe alla Mostra di Campobasso, da allora ogni anno ne costruisco sempre qualcuno nuovo e originale. Molti sono stati esposti in varie mostre nel Molise, Campobasso, Guglionesi, Agnone, Frosolone, Duronia, Termoli, Campomarino, Bagnoli del Trigno, ma anche fuori regione tra cui Massa Martana (PG), Lanciano, Roma alla mostra dei 100 Presepi in Vaticano nel 2010 e nel 2021.
Molti i riconoscimenti ricevuti: nel 2011 e 2012 il Premio di rappresentanza con la Medaglia in bronzo da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel 2014 e 2015 il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, nel 2017 l’Ercole Sannita dell’Assessorato alla Cultura della Regione Molise, nel 2018 il Marchio dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018 assegnato dal MIBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo).
E’ una piccola soddisfazione, ma soprattutto le considerazioni ed i commenti sinceri dei visitatori nei confronti di piccole opere fatte con amore.
Quella di allestire un presepe è una tradizione tipica dei paesi meridionali. La capanna che accoglie il Bambino Gesù tra Maria e San Giuseppe, scaldato dal bue e dall’asinello, i pastori adoranti, l’arcangelo Gabriele, angeli che volano suonano e cantano, i re magi che offrono i loro doni, il tutto rischiarato dalla calda luce della stella cometa.
I primi a descrivere la natività sono gli evangelisti Luca e Matteo, nel loro racconto c’è l’immagine di quello che poi nel Medioevo diventerà il “praesepium”, dal latino “recinto chiuso”, mangiatoia. Il presepe che tutti conosciamo si deve alla volontà di San Francesco d’Assisi di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Gesù Bambino. L’idea, se così si può chiamare, era venuta al Santo d’Assisi nel Natale del 1222 quando a Betlemme ebbe modo di assistere alle funzioni per la nascita di Gesù. Francesco rimase talmente colpito che, tornato in Italia, chiese al Papa Onorio III di poter ripetere le celebrazioni per il Natale successivo. A quei tempi le rappresentazioni sacre non potevano tenersi in chiesa. Il Papa gli permise di celebrare una messa all’aperto. Fu così che la notte della Vigilia di Natale del 1223, a Greccio, in provincia di Rieti (Lazio), San Francesco allestì una sorta di presepe vivente. I contadini del paese accorsero nella grotta, i frati con le fiaccole illuminavano il paesaggio notturno, e all’interno della grotta fu posta una greppia riempita di paglia con accanto il bue e l’asinello.